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La Gründliche Violinschule di Johann Georg Leopold Mozart fu stampata in tre successive edizioni: nel 1756, nel 1769-70 e nel 1787, anno della morte del suo autore. Una quarta edizione fu pubblicata postuma nel 1800. Ulteriori edizioni, rivedute e ampliate dall'apporto di altri musicisti, seguirono negli anni a venire e traduzioni più o meno coeve in varie lingue (ad eccezione dell'inglese e dell'italiano) ne ampliarono il raggio d'influenza. Questo inquadramento fornisce un'idea della portata storica e artistica di un lavoro che segnò la nascita della didattica violinistica in senso moderno. Leopold Mozart stesso, nella sua prefazione, afferma di essersi rammaricato e sorpreso del fatto che non esistessero, prima del suo, altri trattati che illustrassero la tecnica di uno strumento così popolare. I maggiori lavori dedicati a strumenti specifici pubblicati fino ad allora, certamente punti di riferimento per tutti i musicisti del tempo, erano il Versuch di Johann Joachim Quantz sul flauto traverso (1752) e il Versuch di Carl Philipp Emanuel Bach sugli strumenti a tastiera (1753). Entrambe queste opere vanno molto al di là dei soggetti relativi l'uso degli strumenti ai quali si riferiscono, spaziando su molti argomenti musicali quali tempo, ornamentazione, espressione, buon gusto, ecc.

In realtà il trattato di Quantz dedica al violino le prime due sezioni del Capitolo XVII, che riguardano rispettivamente il primo violino dell'orchestra e il violinista di ripieno. Quantz era in effetti egli stesso un validissimo violinista. Inoltre dal 1748 al 1751 Francesco Saverio Geminiani aveva pubblicato a Londra tre diversi volumi dedicati all'istruzione dei violinisti, ma erano destinati quasi esclusivamente ai musicisti inglesi e si riferivano ad un repertorio che ai giorni e nei luoghi di Leopold Mozart era già fuori moda, non mostrando di essere aggiornati rispetto ai problemi tecnici ed estetici che il mutamento del gusto musicale cominciava a rendere necessari. Per di più la parte letteraria e teorica vi era sacrificata in favore di una gran quantità di musica con cui Geminiani preferiva fornire istruzioni pratiche. Quindi un trattato "scientifico" interamente dedicato allo strumento più diffuso e comune e per il quale era scritta la maggior parte della letteratura musicale, ancora non era apparso, se si escludono ovviamente i vari lavori di Giuseppe Tartini quali il "Trattato di Musica", i "Principi dell'armonia universale" e il "Traité des agrémens", tradotto da P. Denis a Parigi, i quali prendono in esame il violino solo in maniera indiretta e che Leopold dà prova di conoscere a fondo.

Leopold Mozart sapeva di avere le capacità e le conoscenze necessarie per colmare questa lacuna e porsi così nella scia dei suoi illustri e più fortunati colleghi Quantz e C.P.E. Bach. Alla fine del 1753, spinto anche dalle parole dell'amico Marpurg che nei suoi scritti deplorava altresì una tale mancanza, dopo aver esitato un anno intero inizia la stesura della Violinschule. Nel 1755 comincia a negoziarne la pubblicazione con lo stampatore Johann Jacob Lotter, di Augusta, con il quale è documentata una relazione professionale piuttosto tumultuosa a causa dei ritardi di quest'ultimo nella preparazione degli esempi musicali e delle incisioni.

La Violinschule è un'opera che si rivolge soprattutto agli insegnanti, anche se L. Mozart vi afferma che ne possono trarre giovamento quegli allievi che, pur dotati di talento, non abbiano i mezzi per procurarsi buoni insegnanti. In questo senso egli pone al servizio del lettore la sua enorme esperienza di educatore, che si rivelò fin dalla giovane età, e di violinista sia d'orchestra che da camera. Lo stile che vi viene esposto è quello in auge nella Germania meridionale a metà del XVIII secolo, che ovviamente subiva il forte influsso della scuola violinistica italiana e, come già detto, soprattutto della scuola padovana di Tartini, alle cui opere teoriche e pratiche Leopold Mozart si ispira e fa riferimento anche in maniera piuttosto esplicita, pur senza mai nominarlo direttamente nel corso dell'opera se non con l'espressione "un famoso maestro italiano". Vi viene quindi illustrata e portata a compimento la prassi strumentale di quello che Quantz stesso aveva definito "stile misto" o "tedesco", ovvero l'unione dello stile italiano e di quello francese. Vi sono trattati tutti gli argomenti che si suppone un buon musicista dovesse conoscere, a partire da una breve storia della musica fino alla nascita della notazione, passando per le regole fondamentali del solfeggio per finire con alcuni elementi di liuteria. I temi centrali sono ovviamente la tecnica violinistica, con una dissertazione particolarmente esaustiva sull'uso delle quattro posizioni principali, l'uso dell'arco, il fraseggio ecc., e i capitoli dedicati all'ornamentazione, che non lasciano nulla di irrisolto. Grande spazio è dato ai temi della corretta ed efficace espressione di un brano nel rispetto della volontà del compositore, e del buon gusto applicato con "razionalità". Il lavoro di Leopold Mozart non può però essere preso in considerazione in maniera globale applicandolo alla musica di Wolfgang Amadeus, in quanto, essendo stato pubblicato per la prima volta nel suo anno di nascita, non può che riferirsi ad uno stile orientato verso un'epoca precedente, soprattutto per quello che riguarda aspetti come l'ornamentazione. In ciò che invece concerne la tecnica e l'espressione, nonché le questioni riguardanti il fraseggio, lo stile, la dinamica e l'agogica, esso può essere preso come riferimento fino ad autori quali Haydn e il primo Beethoven, specialmente nell'ambito di un'esecuzione storicamente corretta.

«Presento qui, agli amanti della musica, un metodo per il flauto traverso. Ho tentato di esporre chiaramente e fin dai primi rudimenti tutto ciò che si richiede per una buona pratica di questo strumento. Mi sono inoltre alquanto dilungato addentro quei precetti che regolano il "buon gusto" nella pratica musicale, e sebbene io li abbia applicati in maniera specifica solamente al flauto, essi potranno essere utili a tutti coloro che fanno del cantare e della pratica di altri strumenti la loro professione, e vogliono raggiungere una buona esecuzione. Costoro dovranno soltanto scegliere ed applicare ciò che più conviene al loro strumento o alla voce». (J.J. Quantz)

La morte di Henry Purcell, avvenuta a Londra nel 1695 a soli trentasei anni, rappresenta la fine delle speranze nella nascita di un nuovo, vero e proprio teatro musicale inglese. Nell'Inghilterra del XVII secolo, forse a causa della florida attività teatrale di tradizione shakespeariana, ma soprattutto in seguito alle censure imposte dalla dittatura puritana, il teatro musicale fatica ad affermarsi, se non attraverso forme differenti - come quella del masque - rispetto a quelle in uso in Italia. Con la restaurazione della monarchia nel 1660 e la successiva necessità della casa reale di adeguarsi alle convenienze delle diverse corti europee comincia la circolazione della musica strumentale italiana, cui seguirà quella operistica. L'Inghilterra diviene così la nuova meta di numerosi musicisti italiani, non solo compositori ma strumentisti di ogni genere chiamati a formare le compagini strumentali che si rendevano necessarie. Nel 1714 si trasferiscono nell'isola Veracini e Geminiani, quest'ultimo accompagnato dal concittadino Barsanti, oboista.

Delle tre opere pubblicate nella presente raccolta, l'ultima, il cui titolo completo è The Art of Playing on the Violin, conteining all the Rules necessary to attein to a Perfection on that Instrument, with great variety of Compositions, which will be very useful to those who study the Violoncello, Harpsichord etc. op. IX, è senza dubbio la più importante e conosciuta. E' stato il primo trattato dedicato espressamente al violino che esponesse la materia in maniera scientifica e progressiva portando l'allievo dai primi rudimenti dello strumento quasi ai vertici delle sue possibilità tecniche. Diversamente dalla Violinschule di Leopold Mozart l'opera di Geminiani non possiede quelle caratteristiche che la proiettano verso il futuro e le estreme possibilità violinistiche - seppure non possiamo immaginare che egli non le conoscesse e le impiegasse - ma rappresenta piuttosto un compendio di ciò che è necessario sapere per eseguire la musica, specialmente quella italiana, scritta nell'ultimo secolo. In effetti, se ci ricolleghiamo alle necessità didattiche menzionate che supponiamo legate al momento storico, vale a dire alla necessità di formare orchestre in grado di eseguire l'opera italiana, è possibile inquadrare The Art of Playing on the Violin come un manuale atto a formare quei violinisti di cui le nuove orchestre inglesi abbisognavano, nonostante non vi si menzionino capacità particolari o consigli per l'attività orchestrale. L'idea di Geminiani è quindi di istruire un solido violinista, abile nell'esecuzione del repertorio solistico, col fine però di provvedere un buon numero di strumentisti capaci di lavorare al meglio anche in orchestra,

Il libro di Dolmetsch affronta le principali tematiche connesse all'interpretazione della musica antica in modo quanto mai esplicito ed esauriente. Ogni argomento è discusso facendo diretto riferimento agli antichi trattati. Individuare esattamente come i compositori del Sei-Settecento desideravano fosse eseguita la loro musica procura la duplice sensazione di rallegrarci della nostra scoperta e di superare alcune approssimative indicazioni generali cui facciamo spesso riferimento. L'autore ricapitola le linee guida riportate dai testi originali con la maggior fedeltà possibile.